Origini dell’edilizia residenziale

L’Istituto Autonomo per le Case Popolari fu costituito in Matera con atto in data 1° Giugno 1937.
Il provvedimento attuativo della legge 6 Giugno 1935 n.1129, si inseriva ne quadro di una politica sociale che, al principio del secolo, diffuse in Italia forme nuove di enti economici e l’intervento dello Stato a beneficio dei ceti popolari, senza trascurare l’effetto indotto sia su scala più propriamente sociale, sia come fatto di sviluppo economico.

Si voleva, con tale dispositivo, trasformare e migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, in specie dei ceti meno abbienti, applicando nel rapporto sociale il principio della solidarietà, informato a precise esigenze di giustizia distributiva.

Questo principio della solidarietà e della giustizia sociale emergeva chiaramente dalla lettura dell’art.22 della legge n.251 del 31.5.1903, che improntava l’iniziativa degli Istituti Autonomi non ad un interesse prettamente economico o esigenza di profitto, ma ad una precisa volontà ad intervenire nel sistema sociale, avendo di mira solo ed esclusivamente il “bene casa”.

Nacque in quei giorni l’I.A.C.P. di Roma, proceduto solamente da quello di Trieste, fondato nel 1902 su iniziativa del Consiglio Comunale e dalla Cassa di risparmio di quella città.

All’inizio l’intervento pubblico nell’edilizia operò attraverso le strutture esistenti, ossia i comuni ( oltre alle Cooperative), che inquadrarono detta attività fra quelle delle nascenti aziende municipalizzate.

Successivamente, con la separazione dei compiti delle aziende municipalizzate da quelli attinenti l’edilizia popolare, i protagonisti della politica edilizia pubblica diventarono gli Enti specificati nel detto T.U. n.1165 del 1938.

I Comuni passeranno quindi in una posizione secondaria, conferendo denaro, aree e stabili ai nuovi Enti. Lo Stato concorse per il solo I.A.C.P. di Roma, mentre le Casse di Risparmio limitarono il loro apporto, peraltro relativamente modesto, alle regioni settentrionali.

Il Capitale privato intervenne quasi sempre sotto forma di elargizione benefica, fatti salvi gli interventi diretti delle imprese per la costruzione di case per i propri dipendenti
 

Problemi economici ed esigenze sociali

Gli Istituti Autonomi Case Popolari furono costretti, per sviluppare il proprio programma edilizio, a ricorrere al credito. Tutto ciò non fu di poco conto e finì per pesare in maniera determinante nella vita degli Istituti, se si pensa che dalla tempestività e dalle condizioni di concessione dei finanziamenti dipendevano la realizzazione dei programmi costruttivi e il livello dei canoni di locazione.

La legislazione sull’edilizia economica e popolare trovò il suo perno nel T.U. del 1938, che tuttavia non definì un chiaro e preciso sistema di norme o di poteri relativi alla concessione dei mutui. Al contrario, il rapporto triangolare fra gli Istituti di Credito (mutuanti), gli I.A.C.P. (mutuatari) e lo Stato (sovventore), non trovò sufficiente coordinamento e automatismo per cui gli Istituti operarono in una condizione di stretta dipendenza dagli altri due poteri, dalla cui discrezionalità dipese l’intero processo di intervento nell’edilizia popolare.

A partire dal dopoguerra, il sistema di finanziamento dell’edilizia popolare venne modificato, in quanto non si basò più unicamente sul ricorso al credito esterno, poiché lo Stato, l’INA-Casa e la GESCAL concorsero per intero al finanziamento delle costruzioni.

Di quel periodo sono alcune fra le principali leggi e disposizioni relative al settore, tra le quali la cosiddetta legge Tupini n.408 del 2.7.1949 stabilì i principi dell’intera successiva legislazione sull’edilizia economica e popolare.

Le scelte del periodo 1947-1954, che traggono origine dalla necessità della ricostruzione postbellica, costituirono una svolta che fu determinante per gli I.A.C.P., anche se non sempre in termini positivi.

Una prima conseguenza della nuova struttura dell’edilizia pubblica comportò per gli Istituti una sostanziale modificazione del loro modo di operare, incidendo profondamente anche nell’autonomia delle loro scelte. Essi non agirono più esclusivamente per conto proprio (e qualche volta per conto e in accordo con i comuni), ma diventarono strumenti di esecuzione e di gestione per conto terzi (Stato, INA-Casa, GESCAL). Le loro strutture organizzative si modificarono in funzione dei nuovi compiti assegnati. Nei rapporti che furono instaurati, gli istituti si trovarono in posizione subordinata, ed operarono a condizioni non sempre compensative dei costi del servizio. Ciò si verificò, e si verifica tuttora, soprattutto per quanto riguarda la gestione degli alloggi: un patrimonio costruito con economia di mezzi che richiede immediati e frequenti interventi manutentori, cui devono far fronte gli I.A.C.P., ricorrendo alle proprie risorse.

A tal proposito basti ricordare l’abnorme situazione verificatasi nel corso del tempo in ordine alla gestione delle abitazioni di proprietà dello Stato.
L’istituto, ora Azienda, deve infatti provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria di alloggi costruiti a costi minimi 40-50 anni fa, utilizzando risorse annue inferiori all’1% del costo di costruzione, senza ulteriori finanziamenti.

Un altro fattore che pesò negativamente sulla situazione economica-finanziaria degli I.A.C.P., va ricercato nella mancanza di un regolare e costante flusso di investimenti, per cui a periodi di finanziamenti relativamente cospicui, se ne alternarono altri di quasi completa stagnazione.

Si arrivò così agli anni settanta e precisamente al 1971 che segnò un’altra pietra miliare nella storia degli I.A.C.P.. Venne infatti promulgata la Legge 865 (22 Ottobre) che di fatto trasformò gli istituti Case Popolari da Enti Pubblici Economici ad Enti Pubblici non Economici con prevalenza pertanto dell’attività pubblico assistenziale.
La legge 865 non operò solo la trasformazione degli istituti da Enti Economici ad enti non economici, ma pose degli obiettivi che hanno spaziato su tutta l’edilizia economica-popolare.

Si cominciò a parlare di integrazione della politica della casa, di sviluppo del territorio e di una disciplina unitaria dei canoni, si mise in atto il primo tassello del decentramento burocratico con trasferimento di deleghe alla Regione, che avvenne con il DPR 616/77.
 
In applicazione della legge 865, vennero poi emanati i due DPR 1035 -1036 del 1972 che disciplinarono le assegnazioni e l’organizzazione degli Enti Pubblici operanti nel settore dell’edilizia residenziale pubblica.

A seguito dell’emanazione di nuove leggi e della soppressione di enti quali GESCAL e INCIS, il patrimonio fino ad allora costruito fu in parte ceduto agli assegnatari ed in parte trasferito agli IACP, che divennero gli unici soggetti attuatori dell’edilizia residenziale pubblica.

Il decennio 1970/1980 fu caratterizzato dall’inflazione galoppante che, in presenza di massimali di costo imposti dal CER (comitato Edilizia Residenziale), creò molte difficoltà negli appalti, costringendo gli Istituti alla continua ricerca di finanziamenti integrativi per poter ultimare i programmi costruttivi.

Agli inizi degli anni 80 si ebbe finalmente la tanto sospirata inversione di tendenza con l’emanazione di alcune leggi, quali la 25/80, la 94/82 e soprattutto con la Legge 457 del 5 Agosto 1978 nota come “piano Decennale” per l’Edilizia Residenziale che modificò il sistema dei finanziamenti.

Ciò permise un intensificarsi dell’attività costruttiva, alla quale si unì anche quella del recupero, novità assoluta per gli Istituti.

In passato infatti gli Istituti disponevano di fondi per le costruzioni in modo disorganico, senza pertanto essere in grado di effettuare della programmazione pluriennale.

Con l’avvento della Legge 457/1978, gli IACP poterono contare su sovvenzioni programmate con evidente giovamento per l’efficienza degli interventi.

Negli ultimi 20-25 anni l’evoluzione dei ricavi da canoni (sempre stabiliti dalle leggi) è stata fortemente squilibrata rispetto all’indice dei costi e del costo della vita. Questo ha assicurato un’assistenza implicita a favore delle famiglie locatarie, ma ha di fatto sottratto risorse alla manutenzione ordinaria e straordinaria.

E si giunge così agli anni novanta.
L’attività costruttiva risulta caratterizzata dal proseguimento del piano decennale (legge 67/88), e dal nuovo programma della legge 179/92.

Da segnalare, infine, la Legge 560/93, che consentendo la vendita di una cospicua parte del patrimonio immobiliare degli enti Pubblici, costituisce la base per un rilancio dell’edilizia residenziale, prevedendo espressamente il reinvestimento dei ricavi per l’incremento e la riqualificazione della stessa.
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